Ma dopo il sì di Atene alla moneta unica serve l'unione politica
(Pubblicato il 18 Giugno 2012 ne Il Secolo XIX, p. 1)
di
Andrea Monticini
L’area euro è a un bivio: da un lato ci sono gli stati uniti d’Europa, dall’altro c’è il ritorno alle singole valute nazionali. La decisione è rilevante e solo quando sarà chiara la risposta potrà definitivamente essere superata la crisi dell’area euro. Stare in un’unione monetaria o addirittura in un’unione federale europea comporta sostenere dei costi economici: si cede sovranità ad un governo federale, in cambio di una maggiore crescita economica derivante dalla maggior specializzazione produttiva (es. i tedeschi si preoccupano dell’industria meccanica, gli italiani dei beni di lusso, i francesi servizi pubblici, ecc.). I Paesi dell’area euro vogliono cedere ulteriore sovranità o preferiscono riacquistare la sovranità ceduta in passato (es. il diritto di battere moneta)? La Grecia con il voto di ieri ha scelto di confermare l’adesione all’unione monetaria.
Vediamo quali sono le conseguenze di questa scelta su tre differenti ambiti: sull’economia greca, sull’euro, sull’Italia.
La vittoria dei conservatori e la creazione di una coalizione di governo che abbia come missione quella di far rimanere la Grecia nell’euro indica implicitamente che i Greci sono favorevoli a cedere ulteriore sovranità all’Europa in cambio di rimanere nell’euro. Tutto ciò gli permetterà di ottenere una rinegoziazione del piano di aiuti. L’attuale, infatti, come era facilmente prevedibile è stato un disastro. Basta osservare i numeri per rendersene conto: il debito/PIL greco è salito dal 120% al 160%, con la richiesta di riportarlo al 120% nel 2020 nonostante una ristrutturazione del debito che ha tagliato del 70% il suo valore. Nel frattempo il PIL greco è crollato ad un tasso medio del 4% negli ultimi 3 anni. I numeri generali del piano di austerità difficilmente verranno toccati, la novità sarà rappresentata da un piano di investimenti che favorisca la crescita economica dando modo al Paese di ripagare i debiti passati.
Le conseguenze sull’euro sono minime. Attualmente l’euro è solo un accordo di cambio. Come tutti gli accordi di cambio può essere irreversibile, come creduto dai mercati finanziari fino a qualche anno fa quando gli spreads erano risibili, o reversibile. Ma se fosse reversibile per la Grecia lo sarebbe anche per tutte le altre nazioni deboli (Portogallo, Spagna, Irlanda, Italia e forse Francia). La vittoria in Grecia di una coalizione pro-euro è una condizione necessaria ma purtroppo non sufficiente per garantire che la Grecia non tornerà alla dracma (accordo di cambio irreversibile). Fino a quando ci sarà il sospetto che l’euro sia un accordo di cambio reversibile ci saranno tensioni sull’euro e sugli spreads.
Le conseguenze dirette del voto Greco sull’Italia sono minime. Non ci saranno grossi benefici in quanto il sistema bancario italiano non è molto esposto con i titoli greci. Il problema italiano, come ben saputo, è la mancata crescita che rende insostenibile qualsiasi debito, piccolo o grande che sia. A questo proposito, il Governo ha emanato un decreto lo scorso Venerdì, c’è da sperare che un po’ di quei provvedimenti si realizzino perchè i mercati finanziari vendono se si rendono conto che dietro l’annuncio non c’è sostanza.