Crisi infinita se non si fanno gli Stati Uniti d'Europa
Pubblicato il 29 Marzo 2013 ne Il Secolo XIX, p. 5
di
Andrea Monticini
Come era facile prevedere, la crisi dell'eurozona è tutt'altro che risolta. Il sofferto salvataggio di Cipro ha confermato che i Paesi dell'area euro hanno le idee confuse persino su come aiutare un paese in difficoltà , nonostante l'esperienza che avrebbero dovuto accumulare sulla base degli errori commessi con la Grecia. La sensazione è che si stia perdendo il tempo prezioso che la Banca Centrale Europea, con la predisposizione dello scudo anti-spread, ha regalato all'area euro. Infatti, in questi mesi, non si è più parlato nè di unione fiscale nè di unione politica, come se magicamente la questione non fosse più rilevante e, altrettanto magicamente, gli squilibri che hanno portato l'euro sull'orlo del collasso fossero scomparsi. Purtroppo non è così. A questo proposito è utile analizzare tre differenti aspetti che creeranno problemi, se non affrontati, nei prossimi mesi.
Il primo aspetto riguarda gli squilibri produzione/consumo delle nazioni che hanno adottato l'euro. All'interno dell'area euro ci sono nazioni che producono più di quanto consumano (Germania) e nazioni che consumano più di quanto producono (Irlanda, Spagna, Grecia). Ovviamente, il meccanismo funziona se le prime sono disposte a finanziare i consumi delle seconde. Tuttavia, tale equilibrio non può che essere precario: non è immaginabile che una nazione si indebiti con un'altra all'infinito (lo spread in questo senso è il termometro che misura quanto le nazioni che risparmiano sono disposte a prestare soldi alle nazioni in debito). Per avere un equilibrio duraturo ci sono solo due possibilità : ritorno alle monete nazionali e connessa possibilità di svalutare o, in alternativa, gli “Stati Uniti d'Europa”. Infatti, se esistesse ancora il tasso di cambio, una svalutazione della moneta dei Paesi in deficit, rendendo più cari per i Paesi in deficit i beni
prodotti dai Paesi in surplus, permetterebbe di riequilibrare tale andamento. Oppure, in presenza degli “Stati Uniti d'Europa”, il riequilibrio sarebbe garantito dal governo federale tramite la politica fiscale. Purtroppo, nell'attuale area euro non esiste nè la possibilità di svalutare nè la possibilità di redistribuire le risorse attraverso una tassa federale. Come si capisce, senza un chiaro sentiero che trasformi l'attuale area monetaria negli Stati Uniti d'Europa, l'unico equilibrio duraturo è il non auspicabile ritorno alle valute nazionali.
Il secondo aspetto concerne la gestione delle crisi nell'area euro. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), per risolvere le crisi di insolvenza degli stati nazionali, ha da sempre adottato un mix di politiche economiche fatto di aiuti finanziari, austerità e svalutazione. La svalutazione infatti serve alla nazione insolvente per aumentare la crescita economica, che risulta limitata dalla politica di austerità . L'Europa, utilizzando con Cipro, così come ha fatto anche in precedenza, solo austerità e aiuti finanziari, spinge il Paese in una crisi senza fine, perchè il Paese aiutato non può ricorrere alla svalutazione, che è parte essenziale della ricetta del FMI.
Il terzo aspetto infine riguarda la mancata crescita. Per una nazione è conveniente essere dentro l'area euro se il benessere dei sui cittadini migliora. In altre parole, se grazie all'euro la crescita economica aumenta. Purtroppo, ancora adesso, non si vedono disegni strategici che pongano le basi per una solida crescita futura. E senza crescita, con o senza un governo, qualsiasi debito pubblico diventa insostenibile e arriverà sempre un downgrade, di qualche agenzie di rating, a ricordarcelo.