Una scommessa con tre incognite
(Pubblicato il 13 Marzo 2014 ne Il Secolo XIX, p. 1)
di
Andrea Monticini
Per capire l'impatto della manovra del governo sull'economia, che consiste principalmente nella riduzione dell'irpef, occorre per prima cosa definire cosa si intende per crescita economica. La crescita economica (o sviluppo) è la capacità dei cittadini di produrre sempre più beni e servizi, grazie ad un aumento della produttività , all'aumento dell'efficienza nell'organizzazione del lavoro ed al crescente aumento della dotazione di capitale. Quando questo meccanismo ha funzionato, le nuove generazioni hanno sempre potuto contare su un tenore di vita superiore rispetto alle generazioni precedenti. In una fase di recessione prolungata come l'attuale, attraverso quali canali la diminuzione dell'irpef per i redditi più bassi può incidere sulla dinamica descritta in precedenza? I sostenitori del provvedimento si augurano che l'aumento di reddito derivante dalla diminuzione delle tasse venga speso in nuovi consumi; se questo avvenisse le imprese vedranno crescere gli ordinativi ed aumenteranno gli investimenti e l'occupazione. È il provvedimenti di cui l'Italia ha bisogno in questo momento? La risposta è probabilmente no, per tre differenti ragioni. La prima ragione è che l'incremento di reddito potrebbe non essere risparmiato e quindi non utilizzato per nuovi consumi. Molte famiglie nel corso della recessione hanno utilizzato il risparmio accumulato per sopravvivere. Pertanto, potrebbero decidere di destinare le nuove risorse alla ricostituzione dei risparmi. Se paradossalmente tutto il nuovo reddito fosse risparmiato non si avrebbe alcun effetto sulla crescita economica. La seconda ragione è di carattere economico/istituzionale. Il provvedimento sull'IRPEF si configura come una manovra fiscale espansiva, e, per essere pienamente efficace, dovrebbe essere coordinato ed adottato da tutti gli altri paesi dell'area euro. Infatti, una parte dei nuovi consumi italiani indotti dalla diminuzione dell'irpef sarà indirizzata verso l'acquisto di beni prodotti fuori dall'Italia, con evidenti benefici per il PIL di quesi paesi (Germania in testa), a discapito della crescita italiana. Inoltre, si avranno effetti negativi sul saldo della bilancia commerciale che ricordiamo rappresenta il termometro della capacità italiana di rimanere nell'area euro. Infatti, in assenza di una politica fiscale comune dei paesi dell'area euro, l'unica garanzia di sostenibilità di una moneta comune è di avere un saldo tra beni esportati e beni importati vicino a zero, perchè questo consente di non indebitarsi con l'estero. L'Italia dopo molti anni di defict è faticosamente tornata ad avere una bilancia commerciale in avanzo. La diminuzione dell'IRPEF aumenterà le importazioni facendo ritornare in deficit il saldo della bilancia commerciale e rendendo così il nostro paese più dipendente da creditori esteri. Infine il terzo motivo riguarda la credibilità delle coperture finanziarie. Poiche pochi mesi fa il governo non era stato in grado di trovare nuove risorse per scongiurare l'aumento dell'IVA (manovra fiscale restrittiva) ed oggi è in grado di abbassare l'irpef (manovra fiscale espansiva), sarebbe interessante capire cosa è successo in questo breve lasso di tempo per consentire tale operazione. Di sicuro si può contare sui risparmi sugli interessi pagati nelle nuove emissioni di debito (circa 3 miliardi), mentre resta affidato alla spending review il reperimento delle restanti risorse. C'è da supporre che l'Europa ed i mercati finanziari vigileranno in molto attento perchè, se l'Italia non risultasse credibile, l'enorme debito pubblico tornerà ad essere considerato non sostenibile.