La crisi non è finita ma ci sono tre motivi per essere ottimisti
(pubblicato 2014-12-31 nel Secolo XIX p. 12)
di
Andrea Monticini
Dopo tanti annunci, il 2015 sarà finalmente per l'Italia l'anno della ripresa e del ritorno alla crescita economica? Ed eventualmente, quale potrà esserne l'intensità ? Sgombriamo il campo da equivoci, al momento è difficile essere ottimisti, perchè ci sono troppe incognite sui fattori che potrebbero riportare l'Italia su un sentiero di crescita. Come si vede dal grafico, è dal 2009 che il ciclo economico italiano si trova sotto il suo trend di crescita di lungo periodo. Proviamo ad elencare qui di seguito tre motivi che spingono all'ottimismo e tre motivi che invece fanno pensare ad ipotesi più pessimistiche.
Il primo aspetto senz'altro positivo riguarda la politica dell'austerità attuata nell'area euro negli ultimi 3 anni. Tale cura, al costo di enormi sacrifici, ha almeno raggiunto la finalità di riportare nel 2014 il saldo delle partite correnti, cioè la differenza tra beni e servizi importati e beni e servizi esportati, in ampio e stabile avanzo. Il dato è rilevante perchè significa che l'Italia è tornata indipendente, non deve cioè attrarre capitali esteri, essenzialmente tedeschi, per il solo finanziamento dei propri consumi, come invece è avvenuto nel periodo 2001 – 2011. Inoltre, come ci insegna l'esperienza passata (es. crisi asiatica), un saldo positivo nelle partite correnti ripristina la fiducia dei capitali stranieri innescando il circolo virtuoso della crescita e del mercato borsistico. Sotto questo aspetto quindi il 2015 si prospetta come l'anno del ritorno alla crescita economica.
Il secondo aspetto, sempre positivo, riguarda la svalutazione dell'euro (-13% dal picco del 2014) nei confronti del dollaro. Se da un lato questo produce un aumento del costo delle materie prime (peraltro mitigato dalla forte diminuzione del prezzo del petrolio) , dall'altro ci permette di rendere i beni prodotti nell'area euro (e quindi anche in Italia) più convenienti nel mercato americano. Considerando la forte crescita americana questo darà ulteriore stimolo al PIL italiano.
Infine, il terzo aspetto che induce all'ottimismo riguarda il mercato delle automobili nuove. In Italia si immatricolavano 2.161.000 autoveicoli nel 2008, cioè all'inizio della crisi; nel 2013, dopo un continuo calo, sono state immatricolate 1.300.000 nuove auto. Finalmente, quest'anno, il mercato mostra segni di timida ripresa. Questo dato indica un cauto ritorno di fiducia dei consumatori.
Passiamo adesso ad analizzare i tre principali motivi di pessimismo.
In primo luogo, è probabile che il sistema bancario italiano continuerà ad avere problemi, con possibili restrizioni sull'offerta di credito alle imprese. Infatti, al momento, se si analizzano le cause di uscita delle aziende italiane dal mercato, si vede che, mentre sono in calo le aziende in liquidazione per volontà dei soci, risultano in aumento, con circa 11.000 società coinvolte, i fallimenti nei primi tre trimestri del 2014 (+11.9% rispetto al 2013). In altre parole, se anche nel 2014 fosse stato toccato il punto peggiore della crisi economica, i fallimenti continueranno per almeno due anni, e questo contribuirà ad appesantire i bilanci delle banche italiane, con possibili restrizioni nell'offerta di credito alle imprese.
Il secondo motivo di pessimismo riguarda le mancate riforme grazie alle quali l'economia italiana dovrebbe tornare a crescere. Purtroppo sotto questo aspetto siamo molto indietro. Si è perso tempo a disquisire sul Jobs Act (a proposito perchè non si applica da subito anche nel pubblico impiego? Il contratto di lavoro non dovrebbe essere indipendente dalla natura pubblica o privata del datore?) tralasciando invece i necessari provvedimenti che riducano la durata dei processi in modo da ripristinare la certezza del diritto per chi voglia effettuare investimenti.
Infine, il terzo motivo di pessimismo riguarda la situazione italiana. Anche augurandoci una forte ripresa della crescita economica, la pressione fiscale resterà elevata perchè una buona parte delle risorse generate con la crescita andrà destinata a ripagare il debito pubblico. Tuttavia con una pressione fiscale elevata i consumi e l'intensità della ripresa non potranno che essere di entità limitata.