Via alle Popolari SPA: Vantaggi per i soci, più vincoli ai manager
(pubblicato 2015-01-21 nel Secolo XIX p. 1 e 11)
di
Andrea Monticini
Le cooperative costituiscono una forma associativa che funziona perfettamente quando devono essere forniti beni e servizi agli associati. La storia italiana è piena di esempi di successo. In qualsiasi settore operi la cooperativa, l'aspetto fondamentale è la dimensione locale dell'attività . Non potrebbe essere altrimenti, data la presenza di una comunità di soci verso cui i servizi prodotti sono diretti in via prevalente. Ovviamente, così come negli Stati Uniti esistono banche locali no-profit, anche da noi l'attività creditizia può essere esercitata da una cooperativa; quindi, dov'è il problema? Il problema nasce quando l'attività di una cooperativa, magari grazie all'accesso al mercato dei capitali, si espande territorialmente in modo da raggiungere mercati che la semplice crescita della comunità dei soci non avrebbe reso possibile; in questo caso, il sistema di regole incentrato sul voto capitario diventa quindi una sorta di barriera per
un'efficiente gestione della cooperativa da parte dei manager. In altre parole, la struttura cooperativa rende i manager autoreferenziali, più incentivati a ricercare il consenso di una piccola parte di soci, ossia quelli che esprimono magari interessi più specifici invece di massimizzare il valore della cooperativa. Per questo motivo, nella storia finanziaria italiana, la struttura cooperativa quotata in borsa si è spesso rivelata un mezzo per controllare una grande azienda senza avere i capitali necessari per poterlo fare, e soprattutto senza dover rendere conto del proprio operato agli investitori. Se fossimo in un mondo ideale, una cooperativa dovrebbe valutare il beneficio di una possibile espansione con il costo di perdere il controllo da parte dei soci; qualora i benefici dovessero superare i costi, si rende necessaria, prima di quotarsi in borsa, la trasformazione in società di capitali. Invece, in Italia, si è generato un meccanismo perverso per cui i manager di una
banca popolare quotata hanno l'incentivo ad aumentare la dimensione della cooperativa e contemporaneamente a non modificare la struttura cooperativa per mantenere i benefici del controllo. Per questi motivi è inimmaginabile che il sistema delle grandi banche popolari si autoriformi e un intervento legislativo si rivela fondamentale. Se il tentativo del governo Renzi di trasformare le prime dieci banche popolari in società per azioni dovesse andare in porto (anche in passato sono stati fatti coraggiosi tentativi in tale direzione, poi naufragati in Parlamento), che cosa succederà ai soci, ai clienti ed ai lavoratori di queste banche? I soci vedranno il valore delle loro azioni aumentare, perchè il mercato riconoscerà un plus-valore dato dalla maggior contendibilità della banca. Per quanto riguarda i clienti, l'offerta di credito nel medio periodo dovrebbe aumentare perchè la trasformazione delle banche popolari in societá per azioni porterá queste banche ad avere manager più attenti ad una gestione efficiente. Infine, per quanto riguarda i dipendenti, le notizie potrebbero essere meno positive, in quanto un sistema bancario più efficiente potrebbe dover passare attraverso aggregazioni e ristrutturazioni, con inevitabili licenziamenti.