Le banche costrette a nuovi modelli di business
(pubblicato in Il Secolo XIX il 2016-07-07, p. 1 e 11)
di
Andrea Monticini
Nel 2016 dopo un miliardo e mezzo richiesto da Banca Popolare di Vicenza, un miliardo di euro da Veneto Banca, un miliardo di euro dal Banco Popolare, il Monte dei Paschi di Siena in autunno cercherà di raccogliere sul mercato finanziario cinque miliardi di euro. Guardando gli aumenti di capitale svolti nell’anno in corso, solo il Banco Popolare è riuscito a raccogliere agevolmente sul mercato i fondi richiesti, mentre gli aumenti di capitale di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca sono andati deserti ed è dovuto intervenire il fondo Atlante. Date queste premesse, ce la farà la banca più antica del mondo, il Monte dei Paschi, a portare a termine l’aumento di capitale con successo? Questa è la domanda che molti si pongono. Per rispondere al quesito occorre chiedersi quale sia il fattore che determina la riuscita di un aumento di capitale. Il principale fattore è la capacità futura del Monte dei Paschi di generare utili. Come è facile intuire, chiunque vorrebbe diventare azionista di una banca che in futuro distribuisca utili sotto forma di generosi dividendi. Tuttavia, è credibile pensare che il Monte dei Paschi produrrà profitti nei prossimi anni? Guardando all’andamento delle quotazioni in borsa nel 2016, il mercato sembra dubitarne. Più in generale, i cali di borsa delle banche italiane segnalano che gli utili che queste producono si stanno riducendo. Come mai il Monte dei Paschi, così come altre banche italiane, sono diventate incapaci di generare profitti? In passato le banche italiane generavano profitti attraverso il margine di interesse, cioè la differenza tra interessi passivi, pagati sui depositi, e gli interessi attivi, percepiti dai prestiti (e mutui) erogati e dalle cedole dei titoli obbligazionari (ad esempio BTP) detenuti. A seguito della crisi, la politica monetaria della Banca Centrale Europea ha diminuito i tassi di interesse, finendo per comprimere il margine di interesse, cosicchè le banche tradizionali hanno iniziato a veder compromessa la loro principale fonte di guadagno. Per essere precisi, negli ultimi anni, questa diminuzione del margine di interesse non è emersa in modo palese. Infatti, molte banche hanno utilizzato gli interessi sulle cedole dei titoli di stato (BTP) ad esempio quelli acquistati nel 2011, nel corso della crisi degli spread, per sostenere il margine di interesse. Oggi, tuttavia, tali titoli di stato stanno andando in scadenza e vengono sostituiti con titoli equivalenti che hanno cedole più basse, rendendo evidente la scarsa capacità delle banche tradizionali di produrre utili. Nell’attuale scenario europeo in cui i tassi di interesse rimarranno bassi per molto tempo, come possono tornare profittevoli le banche tradizionali? L’unica strada è quella di ripensare completamente il modello di business, prendendo atto che non basta, come in passato, avere filiali per avere i clienti. Anzi, occorreranno meno filiali e più dipendenti che escono dalle filiali in cerca dei clienti. Questo stravolgimento passerà in modo inevitabile per una drastica diminuzione di personale. I differenti andamenti di borsa delle banche italiane degli ultimi mesi riflettono i differenti modelli di business bancario e le differenti prospettive. Ad esempio, chi avesse investito un euro nell’indice delle banche italiane all’inizio dell’anno si ritroverebbe oggi con 54 centesimi, con 40 centesimi se avesse investito in azioni UBI banca, con 25 centesimi in azioni Banco Popolare, ma con ben 91 centesimi se avesse puntato su Banca Mediolanum. Insomma, il mercato ha tracciato una linea, tanto più la Banca Monte dei Paschi saprà presentare piani che la rendano più profittevole da qui a Novembre, tanto maggiori saranno le probabilità che l’aumento di capitale vada a buon fine.