Banche, gli errori da evitare in futuro
(pubblicato in Il Secolo XIX il 2017-06-22, p. 1)
di
Andrea Monticini
Dopo Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti e Banca Monte dei Paschi di Siena, anche i problemi della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca dovrebbero essere risolti. In questo caso, la parte buona delle due banche venete verrà acquistata da Banca Intesa. Quale lezione si può trarre da questo salvataggio? Se in futuro ci fossero nuove banche da salvare quali sono gli errori da non ricommettere? Per rispondere ad entrambe le domande, merita sottolineare tre differenti aspetti. Il primo aspetto riguarda la modalità di salvataggio delle due banche Venete. In base alla direttiva europea, Bank Recovery and Resolution Directive, il salvataggio di una banca in crisi deve avvenire seguendo una procedura ben definita. Merita sottolineare che tale procedura nasce con lo scopo di aiutare e non certo di ostacolare la soluzione di una crisi bancaria. Nella direttiva, si indica un principio guida per gestire la risoluzione di una banca: il bail-in. Il principio ispiratore del bail-in è il seguente: se cade il tetto del box dove ho parcheggiato la mia auto, chi paga i danni? Allo stesso modo: se compro azioni o obbligazioni subordinate di una banca che poi fallisce, chi paga i danni? Se si applicasse il bail-out il costo verrebbe pagato con risorse pubbliche e quindi ricadrebbe sulla collettività. Al contrario, il bail-in fa ricadere i costi del dissesto su chi non ha controllato la corretta gestione della banca, esattamente come io devo ripagare i danni alla mia auto provocati dalla mancata manutenzione del tetto del box. Nel caso delle due banche Venete non è stato applicato né il bail-in né il bail-out, si è cercata una terza via: un po’ di bail-in, perché alcune obbligazioni subordinate non verranno rimborsate; ed un massiccio bail-out, perché Banca Intesa integrerà nella propria struttura solo la parte di valore delle due banche venete, lasciando allo Stato l’onere di gestire la parte cattiva, cioè i famosi Non Performing Loans (crediti di dubbio rimborso). Il secondo elemento da sottolineare riguarda l’enorme quantità di tempo perso. La soluzione che si va delineando per le banche venete, poteva già essere stata realizzata molti mesi fa, evitando così che le due banche peggiorassero, in questi mesi, la loro condizione. Infatti, quando una banca viene ritenuta non solida, i clienti iniziano a ritirare i propri depositi, contribuendo, in questo modo, a rendere la banca ancora meno solida. In terzo luogo va registrato il fallimento dell’operazione gestita dal fondo Atlante. Infatti, il fondo Atlante, l’anno scorso si era posto come obiettivo quello di risolvere i problemi di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. L’obiettivo è a questo punto fallito e chi ha messo risorse nel fondo, in buona parte le banche italiane più sane, dovranno registrare delle perdite. Per il futuro, qualora si volesse replicare una strategia di quel tipo, sarebbe auspicabile coinvolgere investitori esterni al mondo bancario e possibilmente esteri.