Più efficienza per le banche e più sicurezza per i depositanti con le nuove regole sui crediti deteriorati.
(pubblicato in Avvenire il 2017-10-12, p. 20)
di
Andrea Monticini
Lo scorso 4 Ottobre la Banca Centrale Europea ha pubblicato un documento di consultazione, che si aggiunge alle linee guida da seguire per le banche nella gestione dei Non Performing Loans (NPL). Il periodo di consultazione si concluderà il prossimo 8 Dicembre, mentre le norme definitive entreranno in vigore dal 1 Gennaio 2018. La BCE propone nuovi livelli di accantonamento prudenziale per le esposizioni past due, cioè quelle scadute da almeno 90 giorni e per le inadempienze probabili (quando difficilmente il debitore è in grado di adempiere integralmente il proprio obbligo). In base a questo documento, le banche dovranno costantemente misurare quante risorse sono in grado di recuperare dal credito deteriorato e svalutarne la restante parte. Trascorsi sette anni per i crediti assistiti da garanzie e due anni per quelli non assistiti da garanzie, il credito deteriorato deve essere interamente svalutato. Queste regole si applicheranno a quei crediti che si manifesteranno come deteriorati dal 1 Gennaio 2018. Sebbene sia solo un documento di consultazione, l’Associazione Bancaria Italiana ed altri attori della vita politica ed economica italiana hanno protestato. È davvero motivo di preoccupazione quanto contenuto in questo documento? Per rispondere è utile ricordare a cosa servano le riserve bancarie. Le banche raccolgono i risparmi delle famiglie e li investono in modo da ottenere un rendimento positivo. Le forme di investimento possono essere molto differenti, si passa dalla tradizionale erogazione di prestiti alle imprese all’investimento in strumenti finanziari derivati. Come tutti gli investimenti, anche quelli effettuati dalle banche presentano dei rischi: se l’investimento dovesse avere un rendimento negativo, cioè generare una perdita, la capacità della banca di restituire i soldi ai depositanti potrebbe venir compromessa. Le riserve bancarie servono per tutelare i depositanti, limitando gli effetti negativi di un investimento sbagliato. In questo senso, il documento della BCE, indicando un tempo limite per le banche entro il quale il credito deve essere interamente svalutato, è da accogliere come una buona notizia perché incentiva le medesime ad una maggior prudenza. Ovviamente, questa richiesta presenta dei costi. Per le banche significa gestire in modo più efficiente i crediti deteriorati, svalutando tempestivamente quei crediti che lo richiedano; per il sistema Paese Italia dotarsi di un processo giudiziario più rapido nella velocità di recupero delle garanzie. Inoltre, nell’immediato, cioè entro la fine dell’anno, molte banche saranno incentivate a svalutare i crediti, attualmente in bonis, incerti, per evitare che su questi si applichino le nuove norme. Queste svalutazioni diminuiranno gli utili del 2017, con buona pace degli azionisti. Inoltre, queste regole sono pro-cicliche: in una fase recessiva, quando i crediti in sofferenza aumentano, le banche dovranno effettuare maggiori accantonamenti, contraendo maggiormente l’offerta di credito. Purtroppo, anche se rispettate integralmente, queste regole non impediranno, perché non trattato, il caso di dissesto di una banca che investa i soldi dei depositanti, anziché nell’erogazione di prestiti, in strumenti finanziari rischiosi. Una pratica diffusa in alcune banche del nord Europa.