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Quanta crescita, inflazione e spread dopo la decisione di politica monetaria della BCE?
(pubblicato in Avvenire il 2017-10-27, p. 14)

di
Andrea Monticini

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Nei prossimi mesi la politica monetaria della Banca Centrale Europea si conformerà in modo tale da riflettere le migliorate condizioni economiche dell’area euro, senza tuttavia mutare in modo sostanziale l’impostazione di base che resterà espansiva. Il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse, ma di ridurre, a partire da Gennaio, l’ammontare di titoli acquistati mensilmente nell’ambito del programma di quantitative easing. Nella suddivisione tra strumenti di politica monetaria convenzionali e non convenzionali viene ridimensionata, ma non azzerata, l’ampiezza di questi ultimi. In particolare, nel 2018, verranno acquistati titoli per un importo di almeno 270 miliardi di euro. Alla luce di questo provvedimento, cosa possiamo prevedere possa accadere nei prossimi mesi all’economia dell’area euro ed a quella italiana? Per rispondere merita sottolineare tre differenti aspetti, tra loro connessi. In primo luogo, quanto è forte e potrà durare la ripresa attualmente in atto? Come segnalato qualche settimana fa dal Fondo Monetario Internazionale nel 2017 è in atto un rafforzamento della ripresa economica nei paesi dell’area euro. Buona parte della ripresa è da imputare al miglioramento del ciclo economico mondiale con benefici diretti anche per l’Italia, tanto che l’Istat ha registrato che il clima di fiducia composito delle imprese è per la prima volta ritornato ai livelli del Giugno 2007. Tutto bene quindi? Non proprio. La crescita nell’area euro si presenta disomogenea: ad esempio in Italia siamo ancora molto lontani dal livello del PIL registrato 10 anni fa prima della crisi di Lehman Brothers, mentre in altri Paesi questo livello è già stato raggiunto. Inoltre, questa ripresa sembra più un rimbalzo, dopo anni di recessione o comunque di bassa crescita, che un vero e proprio trend di crescita persistente. In quest’ottica va inquadrata la flessibilità che la BCE si è riservata nel decidere se aumentare o prolungare, oltre settembre 2018, il programma di acquisti di titoli. Infatti, un annuncio più vincolante, avrebbe potuto generare un forte apprezzamento dell’euro, causando una diminuzione delle esportazioni, con conseguenze negative sulla ripresa in atto. Inoltre, la BCE non ha parlato esplicitamente di tapering, cioè di graduale uscita dal programma di acquisto di titoli, segnale ulteriore questo che la BCE considera fragile l’attuale ripresa seppur con ampi margini di aumento. In secondo luogo: l’inflazione. La decisione di politica monetaria della BCE lascia pochi dubbi: l’inflazione nel 2017 e nel 2018 resterà bassa. Inoltre, il rischio di deflazione dovrebbe essere scongiurato. In terzo luogo: data la diminuzione degli acquisti di titoli decisa dalla BCE a partire da Gennaio 2018, ci sarà il rischio di un brusco rialzo dei tassi dei titoli di stato italiani e, di conseguenza, un aumento dello spread BTP-Bund? La previsione è difficile perché in Italia nel 2018 ci saranno le elezioni politiche e l’incertezza sulle future decisioni del nuovo parlamento, potranno creare tensioni sui tassi dei BTP. Tuttavia, il rischio di assistere ad un forte aumento dello spread, dovrebbe essere limitato perché la BCE continuerà a reinvestire i titoli acquistati in passato che vanno a scadenza, alimentandone la domanda. Questo dovrebbe contribuire a tenere i tassi di interesse su livelli più contenuti.

URL: http://monticini.eu/owr/2017_10_27/