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Soluzioni dolorose in caso di crisi per troppo debito pubblico
(pubblicato in Avvenire il 2018-10-27, p. 6)

di
Andrea Monticini

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La storia, si sa, è piena di esempi di crisi per troppo debito pubblico. Per questo motivo uno Stato non può emettere quantità illimitate di debito pubblico per finanziare la spesa pubblica. Come si genera una crisi per troppo debito pubblico? Si verifica quando uno Stato non è in grado di rimborsare i debiti in scadenza non disponendo della necessaria liquidità. In questa eventualità, quali strumenti si possono utilizzare per risolvere la crisi? Ne esistono tre differenti che possono essere usati singolarmente o in combinazione tra loro. In primo luogo, uno Stato può dichiarare default, totale o parziale. Questa opzione fa ricadere il costo della crisi sui creditori, cioè chi, fidandosi, aveva in precedenza sottoscritto i titoli pubblici di quella nazione. Il default ha come soluzione la ridenominazione del debito con perdite sul capitale dei suoi detentori e, come conseguenza, l’impossibilità per molti anni di emettere nuovi titoli. Pertanto, uno Stato, dopo il default, ha solo le tasse come strumento per finanziare la spesa pubblica. La seconda soluzione consiste nell’aumentare le tasse e tagliare le spese. Questa opzione, a differenza delle precedenti, fa ricadere il costo della crisi anche su chi non ha acquistato i titoli di Stato. Un aumento delle imposte può assumere differenti forme, dall’aumento delle imposte dirette e/o indirette, fino alla introduzione di una nuova imposta patrimoniale (straordinaria o permanente, su beni mobili e/o immobili). Una riduzione delle spese si può attuare attraverso la riduzione dei servizi pubblici e dei trasferimenti statali di sostegno a chi non lavora. La terza possibilità, infine, consiste nell’effettuare una svalutazione “reale” del debito pubblico. In altre parole, gli Stati, se hanno la possibilità di decidere la propria politica monetaria, possono stampare (creare) moneta per sottoscrivere debito pubblico. Ovviamente, in questo modo si crea inflazione. Se i titoli di debito pubblico sono stati emessi a tasso fisso ed hanno una vita media relativamente lunga, per lo Stato diventa meno oneroso rimborsare il debito in scadenza. Come conseguenza, gli investitori, per continuare a sottoscrivere nuovo debito pubblico, richiederanno tassi variabili, titoli di debito pubblico denominati in una valuta estera e privilegeranno titoli a scadenza molto brevi, rendendo più complessa, per lo Stato, la gestione futura del debito pubblico. Ciascuna di queste tre possibili soluzioni costituisce un limite alla piena sovranità di uno Stato, perché ne vincola parte delle scelte di politica economica. Questo limite, è bene chiarirlo, nasce nel momento in cui lo Stato diventa debitore e non dipende da altri fattori. Per concludere, come si può immaginare, una crisi per troppo debito pubblico rappresenta un vero dramma sociale perché distrugge i patrimoni delle famiglie o le condanna a convivere per molti anni con l’assenza di servizi, tagli alle pensioni e tasse più alte. È bene evitare che tutto questo si verifichi.

URL: http://monticini.eu/owr/2018_10_27/