Journalism (blog)

L'incognita dei tassi Fed e la mina vagante dazi
(pubblicato in Avvenire il 2019-01-02, p. 17)

di
Andrea Monticini

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Quali sono i temi cruciali per capire se, nel 2019, l’economia sarà in grado di generare lavoro e benessere? Proviamo a sintetizzarli analizzandoli nei diversi, ma connessi, scenari: mondiale, europeo ed infine italiano. Dal dicembre 2016, la Federal Reserve ha aumentato i tassi di interesse otto volte, non escludendo ulteriori aumenti. La scelta è stata giustificata dal basso livello di disoccupazione negli Stati Uniti. Tuttavia, come la storia recente ci insegna, un aumento troppo rapido dei tassi della FED determina una minore liquidità nei mercati, che può dar vita a shocks finanziari globali. Ricordiamo che il solo annuncio della fine del quantitative easing (tapering) nel 2013 ha fatto fuoriuscire ingenti capitali dai Paesi emergenti, provocando in quelle economie conseguenze negative. Altro esempio: i 17 rialzi della FED, tra Giugno 2004 e Giugno 2006, hanno gettato le basi sulle quali successivamente e congiuntamente ad altre forti cause si è innescata la crisi del 2008. In questo scenario, nell’anno appena concluso, si è inserita anche la guerra commerciale tra USA e Cina per il predominio tecnologico nei prossimi anni (es. intelligenza artificiale). I dazi americani, infatti, sono stati predisposti sui prodotti ad alto contenuto tecnologico, che la Cina intende produrre in futuro (non adesso!). Dissuadere le imprese internazionali dall’investire in alta tecnologia in Cina è il vero scopo del protezionismo dell’attuale Amministrazione americana. Essendo quindi una finalità di medio periodo, la guerra commerciale in atto è destinata a durare anche nei prossimi anni con un conseguente peggioramento del ciclo economico mondiale. Per quanto riguarda l’Europa, due elementi sono destinati a caratterizzare il 2019: la Brexit e le elezioni europee. Entro la fine di Marzo dovrà essere trovato un accordo tra l’Unione Europea ed il Regno Unito per evitare la cosiddetta hard Brexit ovvero l’uscita senza accordo. In questo contesto, data l’impossibilità di tenere unite (senza barriera doganale) l’Irlanda del Nord e la Repubblica di Irlanda, nonché gli ingenti costi che l’economia britannica dovrà sopportare in caso di uscita e, da ultimo, la mancanza in Parlamento di una maggioranza in grado di votare una soft Brexit, la soluzione più probabile sembra essere quella di un nuovo referendum. In altre parole, potremmo scoprire, con beneficio per l’economia, che la Brexit è stata un grande bluff. Per quanto riguarda le elezioni europee, non c’è da attendersi molto. In questi anni l’Unione Europea, ed a maggior ragione l’Area Euro, avrebbe dovuto avviare un processo di integrazione che permettesse di proteggere meglio i propri cittadini (ad esempio con un contributo europeo per la lotta alla povertà); un segnale in questa direzione sarebbe in grado di migliorare le aspettative per il futuro con ricadute positive per l’economia. Per l’Italia le prospettive sono ancora più incerte. Per quanto riguarda le finanze pubbliche, la ripresa dell’economia, iniziata nel 2014, è stata sprecata dai vari governi con troppi provvedimenti irrilevanti agli effetti della crescita, ma altresì capaci di esporre il Paese al rischio di non possedere risorse sufficienti per proteggere i più deboli nella prossima recessione. Inoltre, nel 2018, i disordinati annunci sui futuri provvedimenti di politica economica, hanno prodotto incertezza che si è già concretizzata nel calo della fiducia delle imprese e delle famiglie, oltreché nell’aumento dello spread. Purtroppo, la recente legge di stabilità non fa molto per contrastare questo scenario, limitandosi, in larga parte, a redistribuire risorse tra le diverse classi sociali, aumentando la pressione fiscale, senza però preoccuparsi di stimolare gli investimenti. Come possiamo constatare, il quadro internazionale, quello europeo e quello italiano sono ricchi di elementi di incertezza, che si ripercuotono negativamente sul ciclo economico. Per contrastare questi aspetti occorreranno buone politiche. In altre parole, avremo bisogno di una politica che torni ad occuparsi del futuro con spirito solidale a tutti i livelli: mondiale, europeo, italiano.

URL: http://monticini.eu/owr/2019_01_02/