La cura c'è, la volonta no
(pubblicato in Avvenire il 2019-11-08, p. 6)
di
Andrea Monticini
La Commissione Europea per il prossimo anno ha ridefinito la stima di crescita del prodotto interno lordo per l’Italia, correggendolo allo 0,4%. La notizia, seppur attesa e prevista, dovrebbe immediatamente riportare l’attenzione del dibattito politico sul vero problema dell’economia italiana ovvero la mancanza di crescita economica. Il problema ha radici lontane, ma rimandarne la soluzione, nascondendone l’esistenza, ne aggraverà solo la relativa cura. A questo proposito, è utile sottolineare tre differenti aspetti. In primo luogo, che il prodotto interno lordo italiano pro-capite è inferiore di circa il 16% rispetto al livello raggiunto nel 2008. Questo dato dovrebbe rendere evidente come le politiche adottate in questi dieci anni per stimolare la crescita, si siano rivelate del tutto fallimentari. E’ necessario cambiare direzione urgentemente. Politiche di corto respiro, basate su nuovo debito, che abbiano per finalità (comprensibile) la ricerca dell’immediato consenso politico, producono un lento ma inesorabile declino. Purtroppo, la crescita economica va meritata, pertanto occorre creare le condizioni strutturali perché possa generarsi. La storia di nazioni sviluppate, testimonia con molti esempi il fatto che ad un certo punto, per mancanza di crescita economica, non siano più state in grado di crescere, scivolando in tal modo tra i paesi arretrati. In secondo luogo: la divisione del reddito prodotto in Italia sta diventando sempre più iniqua. Anche in questo caso, il confronto con il 2008 è significativo. L’indice di Gini, che viene comunemente utilizzato per misurare (seppur con molti limiti) la distribuzione del reddito, è aumentato dal 2008 al 2015 (ultimo dato disponibile) in modo marcato: segno di una maggior concentrazione dei redditi, cioè di maggior diseguaglianza tra le classi sociali italiane. Ovviamente, come per la mancata crescita evidenziata in precedenza, anche nella redistribuzione del reddito occorre invertire direzione. Ci sono recenti lavori empirici, che mettono in evidenza come alcune distribuzioni dei redditi possano essere in grado di stimolare maggiormente la crescita rispetto ad altre. In terzo luogo, come sottolineato su lavoce.info dal prof. Bordignon, in Italia è diventato impossibile parlare di tasse, o meglio, se ne può parlare solo con la finalità di diminuirle. Ovviamente, l’obiettivo di diminuire le tasse nel rispetto della stabilità delle finanze pubbliche, è un obiettivo desiderabile, ma non può essere una regola rigida valida sempre e comunque per tutti i cittadini, perché il sistema economico perde in efficienza. Se per esempio in un periodo di stagnazione, quale è quello attuale italiano, si volesse redistribuire il reddito prodotto per raggiungere maggior equità, agendo dal lato delle entrate fiscali, è manifesto che qualche cittadino dovrebbe pagare più tasse a vantaggio di qualcun altro e questo, purtroppo, genera il terrore di perdere consenso nell’immediato e quindi vincola ogni possibilità d’azione della politica sul sistema tributario, limitandola. Come possiamo constatare, la diagnosi dei problemi italiani risulta chiara, così come pure la cura. Serve una sincera volontà politica che diffonda la corretta informazione al corpo elettorale.