La crescita passa da debito buono e avanzi primari
(pubblicato in Il Sole 24 Ore il 2020-09-25, p. 25)
di
Andrea Monticini
Il debito è spesso considerato in un’accezione negativa. Eppure non tutti sanno che può essere positivo e negativo. Lo ha ricordato recentemente anche l’ex governatore della Banca Centrale Europea Mario Dragh. La distinzione si basa sulla sostenibilità del debito, cioè sul contrarre un debito per effettuare un investimento che renda più di quanto il debito costi. Sotto questo aspetto il debito contratto per migliorare il capitale umano di una nazione è senz’altro buon debito. Talvolta però viene fatto debito cattivo, cioè non sostenibile nel medio periodo, perché più costoso di quanto esso renda. Che cosa succede quando il debito diventa insostenibile? Per rispondere prendiamo in esame il recente shock negativo macroeconomico prodotto dalla pandemia. Ogni recessione economica, provocando un aumento del debito dovuto agli inevitabili fallimenti delle imprese, porta con sé il rischio di una crisi per eccesso di debito. La recente crisi economica non fa eccezione. Per individuare il giusto mix di politica economica per riportare e ricondurre l'economia in un sentiero di crescita, occorre rilevare la differenza tra crisi per eccesso di debito privato e crisi per eccesso di debito pubblico. In entrambi i casi sussiste una crisi, ma la cura e quindi i provvedimenti da adottare si differenziano. In presenza di troppo debito privato, il governo può decidere di essere soggetto attivo e quindi prendersi in carico, rendendolo pubblico, una parte di debito, alleviando così momentaneamente imprese e famiglie, sollevandole dall’onere di rimborso del debito in modo da non deprimere troppo i consumi (un esempio in questo ambito lo sono stati i salvataggi bancari effettuati in vari Paesi europei a seguito del crack “Lehman Brothers”). Semplificando molto l’esposizione, possiamo dire essere questo l’obiettivo che il Governo, in modo più o meno efficace, ha cercato di perseguire con i vari provvedimenti economici adottati da febbraio in avanti. Tuttavia, la politica di sostituzione di debito privato con debito pubblico, non può proseguire sine die, perché quando il debito pubblico in rapporto al PIL aumenta in modo incontrollato, si rischia una crisi per eccessivo debito pubblico. Ad esempio, l’insieme delle risorse messe in campo dal Governo farà lievitare il rapporto debito pubblico italiano rispetto al PIL portandolo ad oltre il 155%. Grazie al sostegno della Banca Centrale Europea ed al nuovo spirito di condivisione europeo dei costi economici della pandemia, non si pone, per il momento, il problema della sostenibilità del debito pubblico italiano, come confermato da tassi molto bassi sulle emissioni di titoli di debito pubblico italiani. Nell’eventualità teorica di crisi da troppo debito pubblico, l’asta andrebbe deserta nonostante la promessa di cedole con tassi elevati per i titoli in emissione. In questo caso, cioè in presenza di troppo debito pubblico è utile porsi la domanda su come possa essere superata questa teorica condizione. Esistono tre differenti modi. Il primo modo consiste nel far aumentare l’inflazione. Una crescita inaspettata dei prezzi dei beni determina uno spostamento di ricchezza in favore dei debitori. In questo caso, lo Stato, grazie all’inflazione e fermo restando il valore nominale del debito, avrebbe un onere reale più contenuto nel rimborso del debito. Ovviamente, per l’Italia questa strada sarebbe difficile da percorrere per vari motivi: 1) la politica monetaria è decisa in modo indipendente dalla Banca Centrale Europea; 2) al primo segnale di inflazione, gli investitori richiederebbero tassi di interesse più elevati per le cedole dei titoli di nuova emissione, vanificando quindi l’effetto di tutta l’operazione messa in atto.