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Stretta per frenare la corsa dei prezzi
(pubblicato in Avvenire il 2022-07-22, p. 9)

di
Andrea Monticini

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Nello scenario: guerra, pandemia ancora prepotentemente presente, ritorno dell’inflazione a livelli che l’Italia non registrava più ormai da molti anni, in più il gravame di una crisi di governo con le conseguenti elezioni anticipate (anche se non di troppo tempo rispetto alla loro naturale scadenza), oltre al non poter escludere una possibile recessione nei prossimi mesi, quali potrebbero essere le conseguenze per l’economia italiana a seguito della decisione di politica monetaria della Banca Centrale Europea? Per rispondere è opportuno distinguere gli effetti di breve e medio termine derivanti dall’aumento dei tassi di interesse, dall’annuncio della creazione del nuovo strumento anti-frammentazione, Transmission Protection Instrument (scudo anti spread). La politica monetaria aumenta o abbassa i tassi di interesse per regolare la domanda aggregata, stabilizzando il ciclo economico: quando l’economia cresce troppo in fretta ed esiste il rischio di un aumento dell’inflazione, un aumento dei tassi di interesse produce una diminuzione della spesa per gli investimenti; gli operatori economici rivedono le proprie aspettative; il ciclo economico rallenta e l’inflazione viene tenuta sotto controllo. Questo schema, che ha regolato le decisioni di politica monetaria agendo sul lato della domanda aggregata, ben funziona per contrastare gli shock che colpiscono la domanda aggregata. La decisione della BCE di alzare i tassi di interesse di 50 punti base, 05%, si inserisce però in un contesto differente: lo shock negativo, l’aumento dei prezzi dei beni energetici e delle materie prime che han colpito l’economia europea e quella italiana, è uno shock da offerta. In questo scenario, la politica monetaria può fare ben poco. Perché allora la BCE ha alzato i tassi di interesse? L’aumento dei tassi di interesse serve ad orientare le aspettative degli operatori economici, delle imprese e dei lavoratori sull’andamento dell’inflazione nel medio termine, evitando così di entrare nel circolo vizioso costituito da inflazione elevata– rivendicazioni salariali – inflazione ancora più elevata. Per contro, se la BCE non avesse aumentato i tassi di interesse, avrebbe significato indicare ad imprese e lavoratori la sua disponibilità ad accettare elevati tassi di inflazione nel medio periodo, andando quindi contro il proprio mandato che le impone il rispetto dell’obiettivo di controllare la stabilità dei prezzi. Pertanto, la finalità della decisione va inquadrata in un orizzonte di medio periodo. Tuttavia, l’aumento dei tassi di interesse produrrà i suoi effetti anche nel breve periodo, perché, generando la diminuzione della domanda aggregata, avrà l’effetto di rallentare, ancora di più, il ciclo economico, correndo pertanto il rischio di finire in recessione. Oltre a questo, l’aumento dei tassi dovrebbe contribuire a rallentare il deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro. La BCE ha presentato inoltre un nuovo strumento chiamato Transmission Protection Instrument (TPI). Utilizzando questo strumento, la BCE si ripromette di evitare che i tassi dei Paesi dell’area euro risultino essere troppo diseguali. La notizia è importante. Infatti, dato l’enorme debito pubblico, sui mercati finanziari i BTP potrebbero essere oggetto di speculazione. Il TPI, attivabile a discrezione della BCE, permette, tramite acquisti potenzialmente illimitati di titoli di stato, di contenerne un eventuale eccessivo rendimento. Per evitare tuttavia comportamenti opportunistici, la BCE si riserva di attivare il TPI solo a condizione che il Paese rispetti ragionevoli criteri di sostenibilità fiscale. Una buona notizia per l’Italia.

URL: http://monticini.eu/owr/2022_07_22/